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Questione di credibilità
Una risposta concreta da dare all'Unione Europea
E’ plausibile che le istituzioni europee abbiano considerato in questi ultimi mesi l’Italia come affetta più da una crisi di credibilità che da autentici malanni finanziari. Malgrado questo, lo ha detto ancora il presidente francese Sarkozy nella sua ultima performance televisiva, l’Italia appare come l’anello debole del sistema, soprattutto nel caso di una nuova tempesta legata ai debiti sovrani. Tanto che, secondo l’analisi dell’Eliseo, se fosse caduta la Grecia, poi sarebbe caduta l’Italia e a seguire l’intera Unione Europea. Un punto di svolta importante è stato dato sicuramente dal piano di intenti presentato dal premier italiano a Bruxelles. Se così non fosse stato, la Ue ci avrebbe sbattuto subito la porta in faccia, senza tanti complimenti.
Però l’attuale distensione con la Ue non significa affatto che l’Italia si sia messa al riparo da ogni apprensione e timore. Ora i partner europei vorranno vedere se davvero siamo in grado di realizzare tempestivamente quanto promesso. Nel caso in cui l’Italia non assolvesse il programma annunciato, il contenzioso con l’Unione Europea si riaprirebbe e lo scenario catastrofico vagheggiato da Sarkozy tornerebbe plausibile, con l’Italia al posto della Grecia, visto che quest’ultima, a costo degli scontri nelle strade, si sta risanando. Davanti ad un contesto così chiaro nei suoi tratti essenziali, incuranti della presa di posizione del governatore Draghi, e degli appelli del Capo dello Stato, da noi è già scoppiato il finimondo. Perché da una parte si dice che sul fronte pensionistico non ci sono stati veri passi avanti – e invero è la nostra stessa impressione – dall’altra si accusa il governo e l’Europa di voler distruggere il mercato del lavoro con dei “licenziamenti facili”. I sindacati hanno persino ritrovato l’intesa in vista di uno sciopero unitario e addirittura l’onorevole Casini sembra fare eco a Vendola parlando di “patto scellerato”. Il patto con l’Europa sarebbe scellerato, onorevole Casini? Cioè, se l’Europa dice che solo l’Italia ha un mercato del lavoro in uscita rigido ed ingessato – visto che da soli noi non capiamo come mai le nostre imprese se ne vadano all’estero a lavorare - noi rispondiamo che l’Europa ci chiede un patto scellerato. Contiamo che Casini ci ripensi presto. E che magari l’Udc faccia uno sforzo presso la Cisl, come dobbiamo farlo noi presso la Uil per spiegare che la questione non è di licenziare facilmente. Si tratta invece di garantire standard di produttività alle imprese e consentire assunzioni a tempo indeterminato, visto che solo la possibilità di licenziare chi non raggiunge standard di produttività sufficiente consente alle aziende di assumere. Sembra quasi che buona parte della classe politica italiana e tutto il sindacato non vogliano accettare l’idea che la competitività delle nostre imprese si misura in un mercato mondiale in cui non ci sono i diritti dei lavoratori che noi abbiamo. Non vogliamo far cadere i diritti, ma non vogliamo che questi diventino dei privilegi, come invece spesso è successo a danno dell’intero sistema produttivo e delle giovani generazioni. E’ sicuro, l’onorevole Casini, di essere così contrario ad un patto con l’Europa? Perché se solo Berlusconi firma impegni, solo Berlusconi deve preoccuparsi di farli rispettare. Può anche darsi che non ci riesca: ma allora andrebbe a finire che il “dopo Berlusconi” coinciderà con la fine dell’europeismo italiano.
Roma, 28 ottobre 2011 |
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